L’errore nel disegno

Ascolta “L'errore nel disegno” su Spreaker.

Errare è umano, perseverare ancora di più.

Quanta paura si ha di sbagliare quando si impara qualcosa di nuovo? O meglio, quanto desiderio si ha, di far bene?

Per quanto riguarda il disegno, quanta apprensione crea il foglio bianco?

Un po’ come l’ansia da pagina bianca per lo scrittore, le aspettative troppo alte e la paura di fare cose brutte o mediocri possono bloccare nel cominciare.

Eppure, mettere in conto di fallire e di fallire tante volte, è il presupposto inalienabile per fare progressi e per costruire eventuali successi futuri.

Senza errori non c’è evoluzione, senza errori non c’è progresso della conoscenza. La scienza è un processo che accumula esperienza, consapevolezza, competenza a misura della quantità di errori nei quali inciampa e che le permettono di progredire nella scala della cultura e della civiltà

Giorello G., Donghi P. (2019) “Errore”, Il Mulino, Bologna [p. 81]

Così anche nel processo artistico, la conoscenza – o meglio – la maestria, si raggiunge incespicando.

Se il foglio bianco blocca, allora meglio iniziare con un tratto, una macchia, uno scarabocchio.

Un quaderno degli schizzi sarà il fedele compagno per la pratica quotidiana, in cui riversare questi gesti poco pretenziosi.

E si parte da questi, perché l’importante è cominciare.

materiali artistici: costosi vs economici

Quanto alla qualità dei materiali, ecco qualche considerazione.

La qualità conta, ma se strumenti troppo costosi inibiscono, allora è meglio preferire quelli economici che facciano sentire a proprio agio.

E’ vero che certi limiti – in termini di qualità degli strumenti usati – condizionano il risultato finale.

Ed è vero anche che in alcuni casi e per alcuni materiali, conviene preferire set più ristretti – in termini di quantità – ma di alto livello qualitativo.

Tuttavia, non è sempre la regola.

Se aver investito molti soldi in uno strumento, invece di motivarci a fare meglio, ci impedisce di sperimentare liberamente e di trovare soluzioni alternative, allora non si tratta della strada giusta per raggiungere il risultato che abbiamo in mente.

Faccio un esempio.

Per quanto mi riguarda, investire in marker professionali è sempre stata una buona scelta, perché con i pennarelli per l’infanzia o quelli più economici, trovo sia frustrante averci a che fare.

Invece, spendere soldi in matite professionali, inizialmente mi suscitava entusiasmo, ma anche apprensione. Non le sapevo usare e in mano mia erano sprecate.

Viceversa con le matite più economiche mi trovavo a mio agio e riuscivo a usarle meglio.

Col tempo, però, le matite professionali non mi inibivano più e sapevo che mi permettevano di ottenere colori saturi e di sovrapporre numerose stratificazioni.

Meglio quindi provare e vedere cosa fa per noi.

O passare a strumenti avanzati e costosi solo quando ne sentiamo davvero il bisogno.

Del resto, si possono creare capolavori con un bastoncino di fusaggine, se si è bravi.

Così come fare disegni elementari con il più grande assortimento di Copic, se non si è ancora capaci.

Gli strumenti che usiamo con più gioia e disinvoltura sono quelli giusti. Gli strumenti che ci ingessano, sono quelli sbagliati.

eliminare

Siamo nell’epoca del consumismo, in cui non si ripara più quasi nulla e si sostituisce quasi tutto. In particolare, per quanto riguarda gli strumenti tecnologici come cellulari e computer, l’analisi e la riparazione dei malfunzionamenti è esclusa agli utenti finali e riservata ai programmatori:

Al tempo della società controllata dagli algoritmi, se cadiamo in una situazione imprevista dalla procedura (…) l’unica soluzione proposta è “reset e riparti” (…) Nei fatti siamo guidati all’interno di una dimensione da cui l’errore è stato escluso, bandito, non più ammesso. (…) Per quanto ci riguarda è meglio iniziare una nuova partita, possibilmente con un gadget nuovo di zecca.

Giorello G., Donghi P. (2019) “Errore”, Il Mulino, Bologna [pp. 13-14]

E nel disegno?

Ci si comporta come utenti o come programmatori?

In caso di errore è meglio rimediare o stracciare il foglio?

Forse può giovare percorrere entrambe le strade.

Da un lato, disegnare senza pensare di conservare il risultato può essere liberatorio.

Un po’ come disegnare su una lavagna, si traccia e si cancella.

O come quelle tavolette elettroniche per bambini, dove si preme un tasto e si resetta lo schermo.

Se abbiamo fatto qualcosa che non ci soddisfa, puff!

Non ne resterà traccia per ricordarcelo: è stato un allenamento e si prosegue.

E se abbiamo fatto qualcosa che ci piace?

Allora disfarsene può essere difficile, ma ci insegna a non creare attaccamento verso ciò che creiamo. Ad attribuire più importanza al processo, anziché al risultato.

A mettere il focus sull’abilità che stiamo costruendo dentro di noi e non sull’oggetto creato al di fuori di noi.

Quando ci teniamo tanto a conservare qualcosa, è perché crediamo di non essere capaci di ricreare altro di simile e che quello sia il nostro massimo.

Forse non è il caso di buttare dei lavori completi e complessi, ma provare a farlo con gli schizzi può essere un buon esercizio.

rimediare

Ad ogni modo, si può scegliere anche una strada diversa, che non contempli né il conservare, né il buttare e ricominciare.

Di fonte a un disegno mal riuscito o incompleto, possiamo decidere di porre rimedio.

Possiamo ritoccarlo o dettagliarlo più in là nel tempo, ultimandolo a più riprese.

Oppure, se si tratta proprio di un pasticcio, possiamo aguzzare l’ingegno e trovare delle soluzioni per trasformarlo.

Il fatto che sia già un disastro in partenza, ci libera dalla paura di rovinarlo: peggio di così non possiamo fare, per cui…

E’ proprio in quel momento che si aprono nuove possibilità e ci sentiamo totalmente liberi di sperimentare con tecniche nuove o materiali diversi dal solito. Può anche succedere che alla fine il risultato ci sorprenda e che ci piaccia. O che impariamo a fare cose nuove o degli accostamenti originali.

In conclusione, parafrasando Confucio e parlando dell’artista, anziché dell’uomo, potremmo dire:

L’artista che fa molto sbaglia molto; l’artista che fa poco sbaglia poco; l’artista che non fa niente non sbaglia mai; ma non è un artista.