La ninfa e le luci della notte


Stava allacciandosi i calzari e riunendo le sue poche cose in un fagotto, quando ritrasse subito la mano con un senso di ribrezzo.

Non che gli insetti la spaventassero, viveva come viandante tra i boschi e le foreste del mondo ed era abituata a vederne.

Fu soltanto un gesto di istinto: non conosceva la piccola creatura, ma le parve assai simile a una blatta. Non ci diede peso e proseguì.

Dopo un giorno di cammino e di volo – aveva due piccole ali, più graziose che funzionali, invero, e non atte a percorrere lunghe traversate aeree – giunse in una città variopinta.

Trovò da alloggiare in una taverna, semplice ed essenziale, ma pulita.

Essa rispecchiava un po’ l’indole degli abitanti: gente onesta e semplice, in grado di offrire una buona accoglienza ai viaggiatori di passaggio.

La notte di sonno, tuttavia, fu interrotta da un piccolo inconveniente: di nuovo, una di quelle sgraziate creature aveva fatto la sua comparsa e si era arrampicata sul letto.

La catturò con un bicchiere, per portarla l’indomani alla locandiera e lamentarsene.

Non aveva molte pretese circa gli ostelli in cui dormiva, ma che almeno fossero puliti.

La locandiera – una vecchina con un grande sorriso che arrivava agli occhi ormai rugosi – l’accolse con gentilezza e ascoltò le sue rimostranze.

Ascoltò in silenzio, senza scomporsi e batté le palpebre, non comprendendo.

“Signorina, voi siete davvero fortunata!”

“Fortunata? Di essere perseguitata da talune bestiacce?”

“Sono animaletti molto comuni qui, ma non sono blatte. Vedete? Qui – sotto la pancia – hanno questi due punti luminosi. E’ usanza, da noi, ospitarli in casa per fare luce la notte, come fossero candele.”

La risposta la colse di sorpresa, così la ninfa dalle piccole ali, restò muta e un po’ risentita, ma se ne andò.

Dopo aver curato i suoi affari in città, la sera fece ritorno alla locanda e vide una ragazzina agghindarsi tutta felice.

Era la nipote della locandiera e si preparava per la festa annuale del posto.

Avvicinandosi, si accorse che gli ornamenti della ragazza consistevano in fiori intrecciati e in quegli strani insetti che si faceva camminare sulle braccia.

“Non ti fanno orrore?”, chiese.

“No, li trovo carini. Sono simpatici e danzano nella notte scambiandosi segnali luminosi”, rispose la fanciulla.

“E perché lo fanno?”, chiese ancora la bella ninfa.

“Perché sono innamorati. Trovano così il loro compagno e grazie a loro la notte si illumina.”

La ninfa iniziava a incuriosirsi.

“E come si chiamano?”

“Si chiamano pirofori. Ma per me, sono le lucine della notte”.

La giovane ninfa sorrise: la spontaneità della ragazza la intenerì e iniziò a guardare a quelle bestiole con meraviglia.

“Stasera verrete? C’è la festa in città, ci saranno le luci della luna piena, delle lampade colorate e le mie lucine della notte. E io sfilerò per le strade con le altre ragazze della mia età. E’ una bella festa, non potete perdervela!”, insistette la fanciulla.

“Verrò”, la rassicurò la ninfa.

La sera mondana fu coinvolgente: musica, risate, lampade colorate appese ovunque alle finestre, la luna piena che si rifletteva nelle fontane zampillanti. E gruppi di fanciulli che danzavano con gli abiti caratteristici della festa, agghindati di fiori e di quelle strane lucine viventi.

Più lontano, nelle campagne, i pirofori volavano in sciami luminosi nel cielo, in cerca delle loro compagne. I contadini se ne rallegravano, perché vedevano in essi un buon auspicio per il raccolto.

La ninfa rifletté sul fatto che non aveva saputo vedere il valore di quel piccolo insetto.

Quel che a lei sembrava un animaletto brutto e insignificante, era una creaturina preziosa agli occhi di chi sapeva vederne la bellezza.

Eppure, la natura della bestiola non era cambiata, ma era cambiata lei e il suo modo di guardare.

“Le cose che ci sembrano banali, lo sono soltanto perché siamo noi ad essere banali”, pensò.

E mentre osservava le piccole cose attorno lei con rinnovata meraviglia, un giovane uomo le si avvicinò.

La salutò con timidezza e galanteria, e lei si ricordò di lui.

Erano anni che non si incontravano e – a dire il vero – tra tutti gli aitanti giovani che la lusingavano, il suo sguardo non si era mai soffermato più di tanto su di lui.

Ma ora lo vide.

La serata di festa trascorse piacevole nella città e nelle campagne, alle prime luci dell’alba, i piccoli insetti salutavano con i loro voli nuziali il nuovo giorno.


colonna sonora

Ascolta il quartetto d’archi Op. 76 no. 2 di Joseph Haydn.